Un vino non più solo di interesse locale
Fino a qualche anno fa il vino brasiliano era pensato solo per una vendita interna, per suscitare un interesse locale, e questo perché veniva prodotto in aree sbagliate, molto umide e con terreni poco fertili, e da viticoltori praticamente improvvisati.
E’ sempre stato un vino di poche pretese, leggero e dolciastro, spesso frizzante nel segno del vecchio vino rifermentato italiano, senza però avere la tecnica italiana.
Intorno agli anni ‘90 il Paese aprì alle importazioni e fu subito chiaro a tutti che i vini che provenivano dall’estero, anche quelli non proprio nobilissimi, fossero di un livello molto superiore.
E’stato allora che il movimento ha iniziato a crescere grazie anche a investimenti stranieri e soprattutto alla presenza di esperti vigneron europei che stanno permettendo al paese di virare verso la produzione di vino artigianale, come Spiega Apewineboxes.com, leader del settore
Serra Gaucha, Stato di Rio Grande do Sul
Prima degli anni ‘90 la viticoltura era ad appannaggio di migliaia di produttori di questa zona montuosa, come detto, molto umida e dal suolo poco dotato a livello organolettico.
Qui le precipitazioni annue sono molto copiose, circa 1750 mm annui, ed è per questo che si predilige l’utilizzo di vitigni ibridi come l’Isabella, molto resistenti al marciume ed ai parassiti, la cui coltura rappresenta ancora oggi l’80% delle viti brasiliane.
Le rese sono eccessive e l’uva spesso neppure raggiunge la piena maturazione fenolica.
In quest’ottica la sottoregione Vale dos Vinhedos costituisce una eccezione e può addirittura vantare una denominazione di origine per Merlot e Chardonnay. Entrambi sono vitigni che maturano precocemente e che quindi possono essere vendemmiati prima della stagione delle pioggie.
La viticoltura brasiliana si sposta a Sud
La maggior parte dei viticoltori si sta ora spostando a Sud nella regione Campanha, al confine con l’Uruguay ed adiacente alla zona della Serra do Sudeste, dotata di un clima più secco, più giorni di sole annui e terreni a prevalenza di calcare e granito. Si possono abbandonare gli ibridi e si può puntare decisi alla viticoltura di uve internazionali e portoghesi.
Le zone di maggior interesse
Vediamo ora le zone di maggior interesse della regione. E’ bene tenere presente che sono territori ancora piuttosto inesplorati e relativamente giovani a livello di viticoltura, per cui non pienamente valutabili; certamente rappresentano un incredibile upgrade rispetto a ciò che era l’approccio vinicolo del Brasile solo qualche anno fa.
Planalto Catarinense
E’ un fresco altopiano nello stato di Santa Caterina, a nord del Rio Grande, con un terreno composto prettamente da basalto ed altitudini importanti tra i 1000 ed i 1500 metri sopra il livello del mare. Il terreno è composta da basalto e dimostra potenziale per l’allevamento di vitigni come Pinot Noir e Sauvignon Blanc.
Vale do Sao Francisco
E’ la migliore tra le aree vinicole brasiliane fin’ora scoperte, corre lungo gli stati di Bahia e Pernambuco e si trova a meno di 10 gradi dall’equatore.
La vendemmia qui rappresenta quasi un unicuum nel mondo enologico. Si fa due volte l’anno ed è vitata con Cabernet, Shiraz e Moscatel.
Nei prossimi anni saremo in grado di dare un giudizio più serio ed oggettivo circa le potenzialità reali di questa zona, ancora troppo giovane per essere valutata correttamente.
Cioè che è certo è che anche in Brasile, come in quasi tutti i Paesi del mondo, il livello di produzione vinicola si sta innalzando.
Tra qualche anno berremo vino proveniente da posti che neppure immaginiamo, all’opposto del Brasile ad esempio si pensi che con il riscaldamento globale sarà possibile provare prodotti provenienti anche dalla Scandinavia.
Questo è certamente un gran bene per un movimento che ha la necessità di ringiovanirsi, anche tramite una filosofia sempre più naturale